Noi della banda Morrione

Scrivo queste due righe e la prima cosa che mi chiedo, come sempre, è se a Roberto piacerebbero o no. Anche quando è andato via dal Tg1, è rimasto  il mio (e di molti altri) punto di riferimento, ma non bisognava dirglielo, ha sempre scansato l’idea del maestro. Al di là degli insegnamenti, Roberto ha segnato di fatto la mia carriera e la mia vita quando mi ha strappato dallo sport e mi ha accolto nella sua prestigiosa imbattibile cronaca. Ci chiamavano la “banda Morrione” e un pò lo siamo ancora. Talmente forte quella banda (per merito soprattutto del capo) che appena cambiò l’aria fu smembrata: Vespa la dimezzò e Roberto era troppo serio per accettare. Quante lezioni. A rileggerle oggi viene molta tristezza perchè fanno parte di un mondo (Rai) che non c’è più. Intanto, la “religione della notizia”, insomma non si fanno prigionieri, non si salva nessuno. Poi la serietà nella documentazione: tutto, in un servizio, doveva essere rigoroso, sicuro, ampiamente accertato fin nei dettagli. Ogni sera si vedeva insieme il telegiornale e si vivisezionava, si discuteva su ogni pezzo. Potevi fare anche lo scoop del secolo ma per lui mancava sempre qualcosa. Mitiche le sue sediate (talvolta non metaforiche) con Frajese. La forza di Morrione era la forza della ragione: si imponeva in riunione perchè dimostrava con le carte che quella notizia andava data. Talmente schivo che anche quando restava solo in redazione, e succedeva spesso perchè per lui una redazione piena significava un fallimento di idee, dettava il testo ad Antonella o Roberta e poi lo faceva leggere dallo speaker. Sembra preistoria rispetto alla televisione di oggi.  Ne avrei da dire troppe, mi limito allora a ricordare due o tre particolari personali che danno l’idea di chi era quest’uomo. Mai la voce alta, quando ti vedeva con il muso, ti portava al bar. Lui non amava il caffè, ma voleva capire il malumore: poi ti rendeva giustizia. Non era abituato a fare complimenti: la medaglia per lui aveva un aggettivo, “eccellente”. Conservo ancora con grande orgoglio alcuni di quegli “eccellente”. Conosceva tutti noi perchè eravamo veramente una squadra che si riuniva anche fuori. Troppo uniti, troppo pericolosi. Già, la banda Morrione. Alla Rai per rinascere basterebbe ripartire proprio da quelle piccole grandi lezioni.

3 risposte a "Noi della banda Morrione"

  1. Restera’ il grande ,grandissimo privilegio e la fortuna di averci lavorato assieme.Di aver condiviso,vissuto, attraversato la storia.

  2. “ Con Roberto Morrione, scompare un maestro del giornalismo investigativo nella televisione del servizio pubblico. Sono due cose che non esistono quasi più, nel contesto di un giornalismo ormai appiattito sul teatrino della politica e la morbosità scandalistica dei fatti di sangue “.
    Questo il saluto diffuso dal presidente di ISF ( Information Safety and Freedom ), associazione internazionale per la libertà di stampa, Stefano Marcelli, in occasione dei funerali dell’ex direttore Rai, che si tengono oggi a Roma.
    “ Di Morrione – continua Marcelli- conservo intensi ricordi personali, sia in campo strettamente professionale, per cui posso orgogliosamente dire di aver lavorato per lui quando dirigeva la Cronaca del Tg1, imparando molto di quello che so di questo mestiere, sia in campo sindacale. Posso dire che, fondamentalmente, da Roberto ho imparato il rigore professionale e morale, in un binomio che appariva inscindibile fra l’onestà del giornalista e quello della persona. Onestà e dignità di chi fa un mestiere per il quale deve rendere conto ad un pubblico di cittadini e per il quale è necessario fare anche qualche rinuncia sul terreno della coerenza. Se ho capito bene la lezione, credo stia qui tutto il senso della professione e anche quello del servizio pubblico “.
    “ Oggi salutiamo questo vecchio maestro – conclude la nota di Isf – sapendo che ci mancherà, con la sua ostinazione civile e la sua gentilezza di modi. L’ultima lezione è stata quella di iniziare una nuova avventura, a tutela dei colleghi minacciati dalla criminalità organizzata, Libera Informazione, e di avervi impegnato fino all’ultima goccia di energia. Insieme abbiamo vissuto un’epoca forse irripetibile del giornalismo italiano E, con il tuo contributo, possiamo anche dire di esserne stati a vario titolo protagonisti. Certi giornalisti non vanno mai in pensione, è vero. Ma le persone, purtroppo, ci lasciano. Ciao Roberto “.

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