Fotoreporter italiano ucciso a Bangkok

 

Un fotografo italiano è stato ucciso a Bangkok durante l’offensiva militare che ha portato alla resa delle camicie rosse. Fabio Polenghi, free lance, 45 anni, è stato colpito al torace e all’addome.  Si trovata in Thailandia per conto di una rivista europea. Polenghi, è stato colpito nella zona di Saladeng, a circa un chilometro dal centro dell’accampamento dei manifestanti, dove l’esercito ha sfondato la barricata. Le drammatiche immagini di Polenghi dopo il ferimento sono state mostrate dalla tv Pbs. Trasportato da un gruppo di colleghi verso una motocicletta, Polenghi che indossava il giubbotto antiproiettile e un casco, è stato portato di corsa verso il Police Hospital. Quando l’esercito ha sfondato la barricata, c’è stata una breve resistenza da parte delle camicie rosse, che ha provocato una sparatoria, nel corso della quale cinque persone sono rimaste uccise, fra le quali il fotografo italiano. segue

Sono così tante le vittime fra i testimoni che è difficile addirittura registrarle tutte. Anche le associazioni più attive nella difesa dei reporter sono ferme a dodici morti quest’anno. E invece siamo già arrivati a quota 32, una cifra pazzesca, un sacrificio incredibile per raccontare i guasti nel mondo. Adesso che il mio impegno è più stanziale seguo con attenzione l’evolversi delle situazioni di crisi e la cifra che ho fornito è dettagliatamente documentata. Per non parlare degli scomparsi (14) e dei rapiti (sette). Si muore quest’anno soprattutto in Honduras, Nigeria, Pakistan e Messico per problemi interni ma continuano ad essere colpiti anche i reporter che seguono la rivolta thailandese, così come successe in Birmania. Il mese scorso un giapponese, oggi un italiano oltre a decine di altri giornalisti e fotografi feriti a Bangkok. Il sacrificio di Fabio Polenghi è molto doloroso per chi fa lo stesso mestiere e capisce cosa significa stare al centro dell’inferno. C’è subito chi si è chiesto perchè si rischia. Nessuno di noi è un eroe, nè ha la vocazione di diventarlo. Si può non andare, ma quando si arriva nella crisi il compito è, appunto, quello di testimoniare. Noi andiamo quando gli altri scappano: può essere una guerra o una rivolta o un terremoto, perchè qualcuno dovrà pur raccontare. I rischi non possono essere calcolati, non esistono posti sicuri. Quante volte e quanti reporter sono saliti, per esempio, su un “Lince”: nessuno può sapere quando una bomba maledetta farà saltare in aria tutti, soldati e testimoni. Ma nè gli uni nè gli altri ci pensano, altrimenti non starebbero lì.

2 risposte a "Fotoreporter italiano ucciso a Bangkok"

  1. mi spiace.Solo questo. mi spiace.era free lance, e nessuno gli forniva giubbetto in kevlar, ma avrebbero preso però le foto se “erano buone”.

  2. Pingback: L'ultimo messaggio di Fabio Polenghi | Professione Reporter

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